Quale argomento migliore per questa prima recensione, se non il primo ricettario entrato nella mia collezione? Oggi non vedo l’ora di raccontare qualcosa a proposito delle ricette (ma anche delle storie) contenute in “Momofuku” di David Chang e Peter Meehan.
Prima di tutto, due parole su questa bella pubblicazione che ha come tema il cibo asiatico e la vicenda personale e professionale di un grande personaggio della cucina internazionale contemporanea. Siamo di fronte a un libro per appassionati di lettura e di fotografia, prima ancora che per appassionati di cucina – con moltissime pagine che sono fatte di storie di vita vissuta, e con le immagini scattate dal food photographer italiano Gabriele Stabile.
Anche se la tentazione è aggredire subito una delle fantasiose ricette e provare a cucinarle a casa, il mio suggerimento è fermarsi a leggere le storie di come sono nati i primi ristoranti Momofuku a New York: lo studio e il lavoro che hanno precedeuto l’apertura di ogni punto vendita, la ricerca degli chef, la creazione dei menù, le sfide e le difficoltà affrontate, e infine le grandi soddisfazioni e il successo.
Lo stile inconfondibile di “Momofuku”
Questo ricettario è un regalo fatto da una estimatrice del cibo orientale a un’altra estimatrice di questo stile culinario. L’autore è di origine koreana, ma nelle sue creazioni ripropone alcuni classici di tutta la cucina asiatica: troviamo quindi il ramen e i suoi ingredienti lavorati a mano, il kimchi e i piatti in cui può essere utilizzato, le verdure fermentate, i panini al vapore (baozi), le uova cotte a bassa temperatura, il ssam…
C’è anche altro, però. Non mancano infatti ricette fusion, con contaminazioni provenienti dall cucina “pop” americana – soprattutto alcuni dolci creati con la pasticcera Christina Tosi: le shortcakes, gli English muffin e la apple pie. E alcune ricette che utilizzano ingredienti più sofisticati, come la colla per carne, il foie gras, le ostriche e i salumi stagionati. Non è cucina facile, da tutti i giorni… ma dopo essermi cimentata più di una volta, vi assicuro che ne vale la pena.